Nullità per malafede
Per spiegare l’istituto della NULLITÀ DELLA REGISTRAZIONE PER MALAFEDE, questa volta si è deciso di partire da un caso di specie.
L’imprenditore che, convenzionalmente, chiameremo “Sig. Rossi” possiede, da più di 10 anni, un’attività commerciale che gode di una certa notorietà in ambito locale. La sua attività è contraddistinta da sempre da un segno che corrisponde alla sua insegna, ormai ben riconoscibile al consumatore del luogo.
Gli affari procedono bene, tanto che, il sig. Rossi decide di realizzare una nuova linea di prodotti, contraddistinta dal medesimo segno che caratterizza l’attività.
L’idea è quella di incrementare il business, con l’apertura di nuovi punti vendita, dedicati specificamente alla nuova linea.
Per questo, il signor Rossi commissiona la realizzazione di un segno fortemente ispirato alla sua insegna, che ne riprendesse i caratteri essenziali, proprio per favorire l’identificazione in un’unica realtà imprenditoriale, da parte della platea di consumatori.
Creata la nuova squadra di lavoro, la produzione e la diffusione dei nuovi prodotti contraddistinti con il nuovo segno parte spedita, portando grandi soddisfazioni al nostro imprenditore.
Ma si sa, i rapporti umani sono complessi e, presto, la collaborazione con uno dei fornitori/agenti viene meno.
Mentre il signor Rossi continua la sua attività, aprendo anche nuovi punti vendita nel territorio e acquisendo ulteriore notorietà, l’ex collaboratore deposita la domanda di registrazione del segno utilizzato per contraddistinguere la linea di prodotti del signor Rossi.
Venuto a conoscenza della cosa, il signor Rossi titolare del segno che potremmo a questo punto definire MARCHIO DI FATTO, consapevole del rischio che sta correndo decide di AGIRE.
Abbiamo visto, infatti, come la tutela garantita al MARCHIO DI FATTO, ai sensi dell’art. 2751 c.c. sia una tutela “debole”, fondata sostanzialmente sulla capacità del titolare di dimostrare per tabulas e non solo il PREUSO e la NOTORIETÀ, cosa che comunque non impedisce un DUOPOLIO dei marchi, laddove il marchio precedente dimostri di avere una notorietà almeno locale.
Inoltre, la sopravvivenza del marchio preesistente è concessa solo nel predetto ambito territoriale.
Quindi, compreso il pericolo di una forte limitazione della titolarità, si è optato per un’azione giudiziale volta ad ottenere un provvedimento d’urgenza del Giudice che determinasse la nullità della registrazione per mala fede ex art. 19 c.2 c.p.i. nella misura in cui stabilisce che “non può ottenere la registrazione per marchio d’impresa chi abbia fatto domanda in mala fede”, in combinato disposto con l’art. 25 c.1, lett. b)che definisceun marchio nullo “se in contrasto con […] l’art. 19 comma 2”.
La stessa Corte di Cassazione Sez. Civ., con pronuncia n. 10390 del 30 aprile 2018, stabilisce che “la mala fede e la nullità del marchio registrato si configurano a fronte della violazione di una legittima aspettativa altrui alla registrazione di quel segno”, ancorando il principio di “mala fede” alla “consapevolezza del fatto che altri, avendo il merito del valore del segno (ad esempio per averlo concepito) fosse in procinto di registrarlo, rilevando a riguardo, sotto il profilo probatorio, i rapporti privilegiati tra il registrante (ad esempio il lavoratore subordinato o l’agente) e il danneggiato, qualora il primo abbia approfittato delle conoscenze così acquisite” e alla circostanza per cui “la registrazione sia stata effettuata al solo scopo di impedire che il terzo entri nel mercato”.
Alla luce delle evidenze probatorie, il Giudice ha riscontrato effettivamente la sussistenza della mala fede nella registrazione ravvisando, altresì, nel comportamento del registrante un atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 1 c.c.
Pertanto, ha dichiarato la nullità della registrazione, ordinandone la cancellazione, pronuncia poi confermata in sede di Reclamo.